Archivio per ‘Cronache della Resistenza’ categoria

Cronache della Resistenza – 2017/N°3

7 Marzo 2018

Cronache della Resistenza – 2017/N°3

  • L’ ANPI verso il futuro
  • Due chiacchiere con il nuovo presidente provinciale
  • Venti anni or sono gli alleati entravano
  • nella nostra città

  • Nonno e nipote
  • La liberazione di Galeata, 12 Ottobre 1944
  • Il discorso di Calamandrei a Forlì il 2 giugno 1955
  • Il partigiano e gli indiani Sikh
  • I Quaderni Bertinoresi: la Liberazione vista con gli occhi dei ragazzi
  • Armando Conti
  • No, nessun Comune è costretto a dare sale pubbliche ai nazi. Se lo fa è perché lo vuole
  • Con la Spagna nel cuore
  • Ricordi e sottoscrizioni

Sfoglia il PDF | Download | Vedi elenco uscite precedenti

Cronache della Resistenza – 2018/N°2

11 Febbraio 2018

Cronache della Resistenza – 2018/N°2

Sommario:

  • Dalle elezioni all’articolo 3
  • Quel preambolo che non c’è
  • 40° Anniversario della strage della scorta e del rapimento di Aldo Moro
  • Non è folclore
  • Quel buon uomo del Mussolini (prima parte)
  • Con la Spagna nel cuore
  • Qualcuno scrive al Generale
  • Verità per Giulio Regeni
  • I giovani e il lavoro e il rapporto con i sindacati
  • Ricordi e sottoscrizioni

Sfoglia il PDF | Download | Vedi elenco uscite precedenti

La moneta cattiva

26 Aprile 2017

di Vladimiro Flamigni

Ormai da oltre un mese, sulla stampa locale si discute della riaccensione del faro della Rocca delle Caminate.
Ad innescare la polemica l’interrogazione di un consigliere provinciale di Meldola alla quale avrebbe risposto positivamente, nella seduta successiva, il presidente della provincia Davide Drei. Risposta, sembra, condivisa dagli altri consiglieri provinciali.
E’ passato diverso tempo ma ancora non possediamo una precisa ricostruzione di quanto sia avvenuto documentato da un verbale o un atto ufficiale.
Va subito detto che questo consiglio provinciale non eletto a suffragio universale, ha modificato e ribaltato gli orientamenti dei consigli provinciali, eletti a suffragio universale, che analoga proposta avevano respinto.
Ma qual’è la motivazione alla base della richiesta di accensione di un faro rimasto spento per 70 anni? E dopo che in precedenza il Consiglio proviciale aveva respinto la richiesta?
La motivazione è unicamente turistica, il faro attirerebbe turisti, quindi risorse economiche e questo argomento serve a scalzare qualsiasi obiezione, che male c’è ad usare i cimeli o le architetture del regime per attirare turisti? Qualcuno ne trae beneficio, perchè allora impedirlo.
Quel faro sulla Rocca delle Caminate non c’era ne c’era motivo perchè ci fosse. Lo volle Mussolini nel 1927 per celebrare se stesso e era acceso solo per segnalare la presenza del duce in Romagna. Quella luce che si estendeva per 60 km stava a significare che la Romagna era stata domata, pacificata dal fascismo. La Romagna democratica, dei partiti di massa, delle leghe, delle cooperative era stata distrutta e il fascismo aveva vinto, la nuova Romagna si identificava nel suo duce. Questo comunicava la luce del faro e lo sapevano bene gli antifascisti che ogni volta che il duce era in Romagna erano costretti in casa o in galera.
E’ inconsistente qualsiasi argomento che sostenga che oggi, dopo 70 anni, la sua riaccensione, se fatta a determinate condizioni, dimostrerebbe che alla fine la Romagna democratica, antifascista ha avuto il sopravvento, ha vinto. Secondo i sostenitori dell’accensione del faro quei simboli non fanno più paura e bisogna innovarsi.
Le categorie del coraggio e della paura qui valgono poco. I nostri padri, i nostri nonni il coraggio lo avevano e lo dimostrarono, avevano ben chiaro di avere vinto, e quel faro lo vollero spento.
Un conto è il recupero delle strutture architettoniche finalizzate ad un uso culturale e sociale, un conto è il ripristino della funzione di un oggetto che aveva e avrebbe un significato terribilmente simbolico: la luce del faro vorrebbe ricordare che il duce è ritornato a casa?!
Quando ci fu il restauro della ex Gil, si recuperò la scritta del giuramento fascista nello stato in cui si trovava, senza procedere a ricostruzioni che avrebbero falsato la storia e la correttezza del restauro. Si decise di porre alla base della torre, l’informazione che la scritta è in parte deteriorata, perchè così vollero i giovani antifascisti che il 25 luglio 1943 la scarpellarono.
La riaccensione del faro rimette in discussione questo principio e annulla settanta anni di storia, quel faro non è rimasto spento perchè rotto ma perchè così vollero coloro che il fascismo lo avevano abbattuto.
Quello è il faro del duce, la sua importanza deriva da questo, e una volta riattivato sarà il faro del duce e attirerà coloro che per curiosità o condivisione di idee vogliono vedere il faro del duce.
Vorrei ricordare che oltre al faro di luoghi mussoliniani Forlì ne possiede molti altri l’appartamento in prefettura, il rifugio antiaereo nei sotterranei della prefettura e poi la stanza alla stazione. Lo studio del fratello a Paderno di Mercato Saraceno. Vi sono richieste perchè questi luoghi siano visitabili da parte del pubblico.
Vi è ampia materia per fare un percorso mussoliniano turisticamente attraente. E’ a questo che si vuole giungere? E’ questo il futuro che si prepara per i nostri nipoti? Fare le guide mussoliniane o i camerieri in camicia nera?
Dopo avere costruito questa “italietta” mussoliniana, tra appartamenti, stanze, fari, negozi di gaget hitleriani e mussoliniani, fra la casa natale e la tomba dovrebbe sorgere un Centro di documentazione di alto profilo culturale e di coinvolgimento europeo?
C’è una vecchia legge, ma sempre valida, che afferma che la moneta cattiva scaccia quella buona.
C’è da dubitare che qualche università o centro culturale europeo sia disponibile a collaborare con un’istituzione culturale inserita in un contesto di questo tipo.
Ma qual’è il messaggio che la riaccensione del faro trasmetterebbe ai giovani?
E’ possibile usare i simboli del fascismo perchè questo non fu un vero totalitarismo, fu un totalitarismo all’italiana, che mandava gli oppositori in villegiatura al confino, un fascismo che ha fatto anche molte cose buone, sbagliò ad allearsi col nazismo, quello si criminale. E se in Germania, o in Austria nei luoghi simbolo del nazismo vi è il racconto di crimini e malefatte ciò non è necessario in Italia perchè il fascismo fu tollerante, in quegli anni ci fu una vivace stagione artistica, e si sa gli italiani sono brava gente.
Così facendo non faremmo altro che ribadire tutti i luoghi comuni che un’inizativa culturalmente seria dovrebbe spazzare via.
Sulla tolleranza del dissenso da parte del fascismo vorrei ricordare che fra il 1928 e il 1941, nella sola provincia di Forlì ci furono quattro antifascisti uccisi dalle torture fasciste: Gastone Sozzi, Scevola Riciputi, Derno Varo e Pio Amaduzzi.
Ma perchè da alcuni anni si discute tanto dell’importanza del turismo e della cultura per Forlì?
A partire dagli anni settanta Forlì ha conosciuto un processo di deindustrializzazione. Produzioni importanti e migliaia di posti di lavoro sono stati persi e molti non rimpiazzati. Forlì fatica a ricollocarsi nel contesto dell’economia globalizzata e il turismo culturale che è una importante risorsa per l’Italia diviene sempre più importante anche per la nostra provincia. Investimenti importanti sono stati fatti dalla Fondazione cassa dei risparmi, dagli enti locali per proporre Forlì città della cultura. Un proposito da condividere e sostenere ma con proposte che non contraddicano la sua tradizione democratica, antifascista, associativa e partecipativa. Che non tolgano a questa terra la sua identità, i suoi valori, la sua coesione e la sua forza.
La scelta è se vogliamo soddisfare un turismo il più ampio possibile purchè porti soldi, o vogliamo qualificare il territorio, con proposte capaci di attrarre un turismo culturalmente qualificato, che frequenta questi luoghi per l’elevata qualità dei suoi servizi, dei suoi prodotti gastronimici e culturali, un turismo che non è affatto di nicchia ma che corrisponde alla levatura degli italiani e dei giovani di oggi abituati a frequentare e a confrontare le proposte con quanto avviene anche negli altri paesi europei.

 

Gastone_Sozzi
Gastone Sozzi

Scevola_Riceputi
Scevola Riceputi

Derno_Varo
Derno Varo

Pio_Amaduzzi
Pio Amaduzzi

Cronache della Resistenza – 2017/N°2

25 Aprile 2017

Cronache della Resistenza – Marzo/Aprile 2017/N°2

Sommario:

  • Il faro del Duce resti spento – pag 2
  • “Il solo faro che vogliamo acceso” – pag 4
  • La moneta cattiva – pag 6
  • I nostri “eroi” – pag 8
  • Congratulazioni Forza Nuova, condoglianze Italia – pag 9
  • Cesena c’è – pag 12
  • I resistenti galeatesi – pag 13
  • Otto Balekta e gli altri – pag 15
  • Caro Sindaco, c’è bisogno di più ANPI – pag 18
  • Ricordi e sottoscrizioni – pag 19

Sfoglia il PDF | Download | Vedi elenco uscite precedenti

Cronache della Resistenza – 2017/N°1

11 Gennaio 2017

Cronache della Resistenza – 2017/N°1

Sommario:

  • Il silenzio sul significato del voto del 4 dicembre e le
    “amenità” di Pierluigi Battista
  • La fiera delle bufale
  • I giovani dell’ANPI fanno rete
  • Anche Libera a una giornata di antifascismo
  • Anpi Cesena risponde
  • Teresa Mattei, il migliore… e la censura
  • Un punto di vista condiviso
  • RomagnaMigrante
  • In ricordo di Luciano Ravaglia: Furio
  • Ricordi e sottoscrizioni

Sfoglia il PDF | Download | Vedi elenco uscite precedenti

Cronache della Resistenza – 2016/N°5

5 Novembre 2016

Cronache della Resistenza – Settembre/Ottobre 2016/N°5

Sommario:

Marchionne dixit / Sulla Riforma costituzionale e sulla Legge elettorale / Appassionati di Democrazia / CGIL invita al NO / Bombardamenti fascisti su Barcellona / Il mancato golpe e la relazione con l’Europa / Reportage: 2 giugno 2016, Forlì / Al compagno partigiano / Ricordi e sottoscrizioni / Vignettisti per il NO

Sfoglia il PDF | Vedi elenco uscite precedenti

Cronache della Resistenza – 2016/N°4

12 Settembre 2016

Cronache della Resistenza – Luglio/Agosto 2016/N°4

Sommario:

  • Noi No – pag 2
  • Sulla revisione della Costituzione – pag 4
  • La riforma del senato, strappo alla Costituzione – pag 5
  • Memorie di pietra: Renato Medri e Primo Targhini – pag 6
  • Documento finale della commisione politica – pag 8
  • Lettera ai giovani neofascisti e neonazisti – pag 13
  • Niente strappi, è NO alla riforma – pag 15
  • I volontari della Repubblica di San Marino – pag 17
  • Ricordi e sottoscrizioni – pag 19

Sfoglia il PDF | Download | Vedi elenco uscite precedenti

Cronache della Resistenza – 2016/N°3

8 Agosto 2016

Cronache della Resistenza – Maggio/Giugno 2016/N°3

Sommario:

  • L’ANPI non si lascia – pag 2
  • Occhi che hanno visto – pag 4
  • Nascita delle prime formazioni partigiane italiane – pag 5
  • Le Brigate Internazionali nella Guerra di Spagna – pag 9
  • Uno stato pienamente antifascista? – pag 11
  • La memoria non è condivisa come la storia – pag 14
  • C’è chi dice no – pag 15
  • Ricordi e sottoscrizioni – pag 17

Sfoglia il PDF | Download | Vedi elenco uscite precedenti

Neofascismo piaga sociale

7 Luglio 2016

Il 29 aprile scorso, a Milano, nell’anniversario della morte del militante neofascista Sergio Ramelli, si è tenuto un concerto nazirock. Quella del 29 aprile a Milano è una delle date ormai consuete di ritrovo per il neofascismo italiano.
Nel 2013, sedici militanti di estrema destra erano stati rinviati a giudizio per il reato di apologia del fascismo per avere eseguito il saluto romano durante il corteo in un tripudio di croci celtiche. Per la stessa imputazione e nella medesima occasione, altri dieci militanti erano stati denunciati nel 2014, ma è di poche settimane fa la notizia che il GUP ha prosciolto tutti perché “il fatto non sussiste”.
La maggior parte dei momenti di attività politica delle organizzazioni neofasciste passa proprio dalle commemorazioni. Non ci sarebbe nulla di male nel ricordare i morti, la pieta è per tutti, ma in questi casi il fine è evidentemente: creare occasioni durante le quali poter fare appunto “apologia di fascismo”. Pura strumentalizzazione.
Il vittimismo è la porta da cui passa lo sdoganamento delle destre neofasciste italiane.
Da ricordare ci sono, ad esempio, gli squadristi morti durante le aggressioni, ci sono i “grandi” gerarchi di Mussolini, ci sono i repubblichini morti nella strenua difesa del regime fascista.
Ci sono anche i Martiri delle Foibe e i militanti di estrema destra uccisi durante gli anni di piombo, ricordati in sede istituzionale con cerimonie di Stato che tuttavia lasciano insoddisfatto il desiderio di propaganda fascista, e perciò snobbate. Se non ci sono la croce celtica e il saluto romano non vale.
E’ un vittimismo “chiagni e fotti”, quello dell’estrema destra italiana, che cerca occasioni utili a sostenere l’assurda tesi dell’antifascismo come male assoluto, spostando l’inizio della storia di volta in volta dove più fa comodo, rappresentando il fascismo come vittima anziché carnefice.
Tuttavia, se durante gli anni di piombo le violenze neofasciste erano valutate nell’ottica della teoria degli opposti estremismi, difficilmente si potrà trovare la stessa giustificazione alla violenza messa in atto negli ultimi venticinque anni.
Sin dalla sua nascita il fascismo ha giustificato la violenza quale mezzo per proteggere la nazione dalla minaccia comunista. Tuttavia dalla caduta del Muro di Berlino e della conseguente fine del blocco comunista, nel 1989, o dallo scioglimento del Partito Comunista Italiano in Italia, nel 1991, il neofascismo ha continuato a mietere vittime.

 

MG_0306-auro-bruni

Auro Bruni
La prima vittima dei neofascisti dopo la caduta del muro di Berlino è il diciannovenne Auro Bruni, un attivista del centro sociale Corto Circuito, a Roma.
La notte del 19 maggio 1991 alcuni militanti di estrema destra fanno irruzione nel centro sociale dentro al quale Auro sta dormendo, e, dopo averlo aggredito e stordito, danno fuoco all’edificio.
La giustizia italiana non ha mai trovato i colpevoli dell’omicidio, nonostante la rivendicazione avvenuta il giorno successivo da parte dei “disoccupati italiani nazionalisti”, sigla riconducibile ad ambienti di estrema destra. Né questa rivendicazione, né gli attentati subiti nei mesi precedenti da altri centri sociali rappresentarono indizi validi per la magistratura.
Durante gli anni Novanta, grazie ad un mutato assetto dell’arco parlamentare e talvolta alle curve calcistiche, il neofascismo trova spazi e si espande, i casi di aggressioni e accoltellamenti sono numerosi, ma fortunatamente senza esiti letali fino al 2003.

 

foto_dax

Davide Cesare Dax
Il 17 marzo 2003 a perdere la vita è Davide Cesare, conosciuto come Dax. La notte del 16 marzo, Davide si trova in un bar di Milano insieme ad altri tre militanti del centro sociale O.R.So.
I quattro escono per fumare una sigaretta e vengono affrontati da tre noti neofascisti residenti nel quartiere, padre e due figli.
I tre sono armati di coltello e feriscono con dieci coltellate uno dei ragazzi, che riuscirà a salvarsi, e con dodici Dax che morirà durante il trasporto verso l’ospedale San Paolo.
Come spesso succede in questi casi, i giornali parleranno di rissa tra opposte fazioni politiche. Tuttavia, dalle perizie tecniche effettuate sul corpo del ragazzo, si rileverà che nessuna ferita “da difesa”, né graffi né tagli né lividi, è stata trovata sulle braccia e sulle mani, a prova del fatto che Davide Cesare non ebbe la possibilità di difendersi dai suoi aggressori.

 

renato biagetti-2

Renato Biagetti
A Roma, la notte del 26 agosto 2006, viene assassinato il ventiseienne Renato Biagetti, ingegnere, tecnico del suono e grande appassionato di musica reggae.
È proprio da una festa reggae che sta tornando Renato all’alba del 27 agosto insieme alla sua compagna e ad un amico. Due ragazzi di 19 e 17 anni a bordo di una automobile, provocano i tre lanciando grida dal finestrino: “È finita la festa? Sì? Allora ritornatevene a Roma, merde!”.
Il locale è considerato un “covo di zecche” e il maggiore dei due ragazzi, ha una croce celtica tatuata sul braccio: è facile capire i motivi all’origine della provocazione.
I due ragazzi scendono e ingaggiano una rissa con i tre, poi il più grande estrae un coltello e colpisce Renato con otto coltellate, di cui una al cuore, prima di fuggire insieme all’amico a bordo dell’automobile.
Renato viene portato in ospedale, dove muore poco dopo.
Anche in questo caso i giornali cercano di far passare la notizia per una “rissa tra balordi” e viene rifiutata dai giudici la matrice politica dell’agguato, nonostante i due aggressori vengano riconosciuti da molti come estremisti di destra.
Anche l’istanza presentata dall’ANPI, che chiede di essere considerata parte civile, viene rigettata.

 

tommasoli-3-526x330

Nicola Tommasoli
La vigilia del 1° maggio 2008, a Verona, un giovane grafico di 29 anni di nome Nicola Tommasoli, sta passeggiando insieme due amici quando cinque giovani di estrema destra si avvicinano e chiedono una sigaretta. Davanti al rifiuto dei tre, scatta l’aggressione.
I due amici se la cavano con alcune lesioni ma Nicola cade a terra e viene preso a calci dai cinque neofascisti, che dopo il pestaggio si dileguano.
Gli amici trasportano subito Nicola in ospedale, dove rimane in coma fino al 5 maggio, quando i medici ne dichiarano la morte cerebrale.
Il primo giovane fermato per l’omicidio è un diciannovenne già responsabile di aggressioni a sfondo razzista e violenze negli stadi. Si muove in ambienti vicini a Forza Nuova, ma l’associazione di estrema destra, come in tutti i casi di violenza da parte dei propri simpatizzanti, nega qualsiasi coinvolgimento nella vicenda e minaccia di querelare chiunque la associ all’episodio.
Uno dopo l’altro vengono arrestati anche gli altri quattro aggressori; tutti giovani tra i diciannove e i vent’anni.
Due di loro erano stati coinvolti in incidenti avvenuti durante le partite dell’Hellas Verona, la squadra di calcio della città nota per avere gran parte della tifoseria affine a movimenti di estrema destra, mentre gli altri due erano stati già indagati per violazione della legge Mancino e istigazione all’odio razziale.
Appesa al muro della cella degli imputati verrà trovata una immagine di Hitler giustificata come “gesto goliardico”.

 

Modou SambMor Diop

Samb Modou e Diop Mor
Il 13 dicembre 2011 si verifica quella che sarà ricordata come la strage di Firenze.
In piazza Dalmazia, Gianluca Casseri ha un diverbio con un gruppetto di cittadini senegalesi che sta vendendo la propria mercanzia tra le bancarelle del mercato. Si allontana dalla piazza e, poco dopo, ritorna a bordo della propria auto. La parcheggia in doppia fila, si dirige verso il gruppo di venditori senegalesi e fa fuoco con una Smith & Wesson calibro 357 magnum.
Uccide Samb Modou e Diop Mor, ferisce Moustapha Dieng colpendolo alla schiena e alla gola e poi si allontana. Un giornalaio gli sbarra la strada ma Casseri lo minaccia con la pistola e fugge a bordo della propria auto, facendo perdere le proprie tracce.
Alle tre del pomeriggio, Casseri ricompare al mercato di San Lorenzo e apre il fuoco ferendo gravemente Sougou Mor e Mbeghe Cheike.
Quando la polizia riesce finalmente ad individuare l’assassino nel parcheggio sotterraneo del Mercato Centrale di San Lorenzo, questo si uccide sparandosi all’interno della sua auto.
La stampa pubblica la notizia che l’uomo era stato identificato nel corso di due manifestazioni di CasaPound ma i “fascisti del terzo millennio” prendono le distanze affermando “Non siamo soliti chiedere la patente di sanità mentale”. Insomma, l’ideologia fascista ed il razzismo non avrebbero alcun ruolo nella strage, che sarebbe solo frutto dell’atto isolato di un folle. Allo stesso tempo, i camerati di Casa Pound aggiungono “ma se è avvenuta [questa strage] vogliamo ricordare che è anche perché questo Stato non è in grado di fornire alcuna protezione e assistenza ai suoi figli più deboli”.

 

Ciro-Esposito

Ciro Esposito
A Roma il 3 maggio 2014 si gioca la finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli. Un corteo di tifosi del Napoli sta percorrendo viale Tor di Quinto verso lo stadio Olimpico, quando vengono esplosi sette colpi di pistola che colpiscono tre ultras napoletani. Ciro Esposito, trentuenne napoletano, rimane a terra in condizioni gravissime e, viene ricoverato all’ospedale Gemelli di Roma, dove muore dopo 50 giorni di agonia.
Durante il ricovero, Ciro riconoscerà il suo presunto assassino, presentato dai media come un quarantottenne “ex ultras romanista”.
Non ci vorrà molto perché inizino a diffondersi il poco lusinghiero curriculum di militante di estrema destra e le immagini tratte dal profilo facebook, che ritraggono l’imputato nel suo bunker, arredato con croci celtiche e immagini di camerati.

Vicino a noi
Non si creda che questi eventi accadano solo nelle grandi città.
Anche se la stampa locale riserva a queste notizie piccoli trafiletti, tende a minimizzare e talvolta a distorcere queste notizie, nella nostra regione si verificano con frequenza gravi aggressioni di stampo neofascista.
Lo stesso leader e fondatore di Casapound Gianluca Iannone è stato condannato in primo grado a 4 anni di reclusione per lesioni e favoreggiamento in seguito ad una aggressione avvenuta a Predappio nell’anniversario della fucilazione di Mussolini ai danni di un uomo che aveva cercato di sedare una discussione nata tra la “guardia d’onore”, una vigilanza autoorganizzata alla tmoba di Mussolini, ed un visitatore vestito in modo non adeguato. L’uomo aggredito a calci e pugni da un gruppo di individui in giubbotto verde e anfibi, tra i quali Iannone, si rivelò poi essere un carabiniere in borghese.
Nel 2007, a Rimini, 11 militanti di Forza Nuova venivano arrestati con l’accusa di concorso in tentato incendio e tentato sequestro di persona, aggravati dal numero delle persone che vi hanno preso parte, dall’aver istigato a commettere i reati anche minori di anni 18, nonché dall’aver agito con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico.
Le indagini erano iniziate a seguito del lancio di due Molotov e di due auto incendiate nei pressi del laboratorio occupato Paz, uno spazio occupato a scopo sociale nel riminese.
Durante le perquisizioni ai neofascisti furono sequestrate tra le altre cose: tre pistole a gas, tirapugni, manganelli, coltelli a serramanico e pugnali, passamontagna, corda e documentazione attestante l’appartenenza e/o la vicinanza degli indagati a Forza Nuova, il che ovviamente escluse ogni possibilità della solita presa di distanza da parte del movimento.
Uno dei fermati fu anche arrestato in flagranza di reato per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, essendo stato trovato in possesso di 3,5 grammi di cocaina, nonché di materiale per il taglio, la pesatura ed il confezionamento della droga.
Sempre a Rimini, nell’estate del 2014 un militante di estrema destra definito dai giornali come “ex militante di Forza Nuova” accoltellò due ragazzi in quella che in un primo momento fu presentata dai giornali come una rissa in discoteca, e poi come rissa tra militanti di estrema destra ed estrema sinistra. I fatti certi sono che le perquisizioni di auto e appartamenti degli “ex di Forza Nuova” rivelarono un arsenale fatto di coltelli, sbarre di ferro, scimitarre e tirapugni, e i due venticinquenni aggrediti dal militante neofascista riportarono diverse ferite di arma da taglio all’addome, e il camerata fu accusato di tentato omicidio.
Tornando a Forlì, nella notte del 19 aprile 2013 l’auto della cantante che aveva partecipato ad una iniziativa antifascista fu sfregiata da svastiche incise sulla portiera e sul cofano. Proprio in quei giorni, la donna stava collaborando con l’associazione Alfred Lewin ad eventi organizzati in occasione della festa della Liberazione.

Considerazioni conclusive
Che il neofascismo rappresenti una piaga sociale, è dimostrato dal fatto che può colpire chiunque, e non solo militanti di sinistra. Nei casi in cui il fattore politico non è esplicito, il neofascismo si presenta come l’innesco di soggetti già di per sé propensi alla violenza.
Come è facile rilevare consultando l’elenco delle vittime, è sufficiente trovarsi nel luogo sbagliato al momento sbagliato per subire le conseguenze degli atti di individui montati da un’ideologia – quella fascista – che porta in se il seme della violenza.
Non solo: le prime vittime del neofascismo sono proprio i giovani attratti da associazioni e partiti, che plagiano ragazzi deboli con promesse d’impunità e protezione, ma che al naturale verificarsi delle conseguenze dell’odio seminato nelle menti dei propri militanti, si estraniano, minacciando querele a destra e a manca e rivendicando una credibilità politica.
Una credibilità politica che non esiste, in quanto non c’è nulla di politico nel risolvere il conflitto sociale eliminando i diritti, ossia il programma politico fascista di sempre.
D’altra parte, l’agibilità politica è assicurata alle organizzazioni di estrema destra dall’appoggio fornito dai partiti che si dichiarano di centro/centro-destra, i quali rivendicano nelle sedi istituzionali la libertà di manifestare anche per quelle organizzazioni che si rendono abitualmente responsabili di apologia di fascismo.
Sul fronte dell’agibilità politica, la più importante operazione messa in atto in tempi recenti appartiene ai fascisti del terzo millennio di Casapound che, trovando un’intesa con il segretario della Lega Nord Matteo Salvini, inaugurano la nuova sigla “Sovranità”.
“Prima gli italiani” è lo slogan del nuovo movimento nato, per cercare di far chiudere un occhio agli italiani del Sud e far ottenere qualche voto alla Lega Nord, in cambio di piena agibilità politica e riconoscimento ai militanti di Casapound nelle iniziative del Carroccio.
Non solo: alle ultime elezioni amministrative Casapound è riuscita a piazzare un candidato all’interno del consiglio comunale di Bolzano, dove il partito ha ottenuto ben il 6,86% di voti.
I cugini greci di Casapound, i neofascisti di Alba Dorata, grazie ad una ricetta fatta di nazionalismo, populismo, e cavalcando la crisi, sono riusciti ad arrivare ad ottenere risultati elettorali impensabili fino a qualche anno fa.
Durante l’ascesa del partito, numerose sono state le violenze registrate, spesso rimaste impunite grazie ad una forte infiltrazione all’interno delle forze di polizia. Solo dopo l’uccisione da parte di un militante di Alba Dorata il giovane rapper antifascista Pavlos Fyssas, noto come Killah P, sono iniziate le indagini che hanno portato all’arresto dei vertici del partito e di commissari di polizia, con l’accusa di aver costituito l’associazione criminale mandante dell’omicidio.
Secondo fonti attendibili, per le autorità greche erano fondate le prove di un possibile colpo di Stato ad opera di Alba Dorata, accusata di aver costituito gruppi armati paramilitari suffragato dall’esistenza di appositi campi di addestramento per prendere il potere nel paese con la forza.
Seppur lontana dalla situazione greca, nell’Italia della crisi, con una classe politica che non brilla certo per levatura morale ed una giustizia che funziona a intermittenza, è necessario rilevare che l’antifascismo non costituisce più un valore comune e condiviso per le istituzioni, e che non è possibile fare pieno affidamento su queste per contenere la piaga sociale del neofascismo che, forte dell’indifferenza, continua a mietere vittime.

Cronache della Resistenza – 2016/N°2

9 Marzo 2016

Cronache della Resistenza – Marzo/Aprile 2016/N°2

Sommario:

  • Editoriale – pag 2
  • Stoppa – pag 4
  • Jazz in time – pag 8
  • Contro il Neofascismo e l’indifferenza chiediamo con forza il rispetto delle leggi – pag 10
  • Sacralità laiche – pag 11
  • Una eroica combattente nella guerra civile spagnola: una donna – pag 12
  • Umberto, la lettura e la Costituzione – pag 15
  • Un grido di ribelllione e un inno alla vita e alla libertà di un intero popolo perseguitato – pag 15
  • Mario Vespignani, direttore di Cronache In memoria del nostro partigiano – pag 19
  • Ricordi e sottoscrizioni – pag 19

Sfoglia il PDF | Download | Vedi elenco uscite precedenti